10 marzo 1939. Achille Jona, studente ebreo di 21 anni, a causa delle leggi razziali viene espulso dal Collegio Ghislieri. Era a Pavia da due anni, frequentava la facoltà di Fisica in Università, studiava grazie al sostegno economico del lascito Artom. Veniva da Asti, da una famiglia borghese. Il padre commerciava in tessuti, la madre si occupava dei cinque figli. Lui era il quarto.
Una vita breve, la sua: sarebbe morto pochi anni dopo, a 24 anni. Tubercolosi fulminante. Si era ammalato dopo una visita agli ebrei internati nell’Astigiano, al campo di Moncalvo.
L’espulsione dal Collegio per motivi puramente razziali, “fatto assolutamente inusitato negli annali del Ghislieri, fu per Jona l’avvenimento forse più amaramente doloroso, nel susseguirsi d’amarezze e di dolori che nel volgere di pochi mesi spietatamente si abbatterono su di lui e sulla sua famiglia, una modesta, laboriosa famiglia. Era un’amarezza fatta di delusione soprattutto, nata dalla caduta improvvisa di ideali nei quali Jona credeva con più freschezza, con più generosa fede di quanto non avvenisse per la maggior parte di noi, dei suoi compagni”. Lo scrive il compagno di studi Franco Bolzern sull’Annuario 1952-54 dell’Associazione Alunni del Collegio Ghislieri.
Il Rettore Pietro Ciapessoni era stato costretto a espellere Jona “quando l’ondata balorda del razzismo nostrano dilagò infaustamente entro l’ambito stesso sacro delle scuole, pur dopo aver esperito tutto quanto era in facoltà del Rettorato di fare per scongiurare l’odiosa decisione. Il provvedimento colpiva il solo alunno israelita che in quel momento – alle soglie del 1939 – contasse il Ghislieri”.
Il sopruso subito da Jona è un sopruso subito dal Collegio. Il Rettore tenta di persuadere il Ministero dell’Educazione Nazionale che “l’Alunno Jona era per legge autorizzato, benché di razza ebraica, a proseguire gli studi superiori”. E dichiara che all’eventuale espulsione di Jona si sarebbe rifiutato di sostituirlo in corso di anno accademico con alcun “eventuale aspirante di razza non ebraica”.
Il no del Ministero è senza appello.
Lo studente torna a casa, si iscrive al Politecnico di Torino, si laurea in Ingegneria nel 1941. Trova lavoro a Livorno ma di lì a qualche mese è licenziato per ragioni razziali. Decide allora di dedicarsi all’attività di sostegno agli ebrei internati nell’Astigiano.
Scrive lunghe lettere ai compagni del Ghislieri e al Rettore.