Da qualche settimana gli scienziati hanno iniziato a registrare, nei pazienti affetti da Covid-19, un incremento dei casi di perdita di olfatto e dell’altro senso a esso correlato, il gusto. Questi casi di totale anosmia o di disfunzioni olfattive di vario genere hanno incoraggiato la comunità scientifica a tentare test specifici sui pazienti che riportavano tali problemi, in maniera tale da poter mettere in luce un ulteriore aspetto malattia.
Abbiamo chiesto lumi a una nostra Alunna che è un’affermata specialista negli studi sull’olfatto: la dott.ssa Anna D’Errico, neuroscienziata e ricercatrice presso la Goethe-Universität di Francoforte, nonché autrice del saggio Il senso perfetto. Mai sottovalutare il naso (Codice edizioni), al momento finalista del Premio letterario Galileo per la divulgazione scientifica.
“Di per sé non dovrebbe sorprendere che una malattia delle vie respiratorie possa avere fra i sintomi problemi a olfatto e gusto, poiché la funzionalità olfattiva e quella nasale sono strettamente collegate”, spiega. “Tuttavia la rilevanza di questa ricerca sta nel fatto che siamo di fronte a una malattia nuova, di cui scienziati e medici stanno apprendendo ora, sul campo, il decorso. Per questo ogni sintomo va registrato perché contribuisce a chiarire il quadro generale della situazione”.
La perdita di olfatto e gusto colpisce tutti i pazienti affetti dal Coronavirus?
“No: ad esempio, il virologo Hendrick Streeck della Clinica universitaria di Bonn riferisce che solo due terzi dei circa cento pazienti in cura presso il suo team risultano coinvolti. Inoltre, spesso la perdita totale di olfatto e gusto si manifesta durante le fasi di guarigione della malattia”.
Lo stato attuale delle conoscenze permette di azzardare delle ipotesi su come e perché si verifichino questi disturbi?
“Non ci sono ancora studi sistematici riguardanti la possibile azione di Covid-19 sul sistema olfattivo; i medici hanno fatto notare che si tratta ancora di osservazioni personali. Detto questo, possiamo individuare tre ipotesi di base che gli scienziati dovranno poi verificare sperimentalmente. La prima è che si tratti di alterazioni indirette: siamo di fronte a una malattia delle vie respiratorie, quindi molti pazienti sviluppano un’infiammazione alle medesime e una congestione delle mucose nasali, che potrebbero contribuire a danneggiare l’epitelio olfattivo. La seconda è che si tratti invece di azioni dirette sull’epitelio olfattivo: come accade per altri virus influenzali, Covid-19 potrebbe essere presente anche nelle mucose nasali e delle alte vie respiratorie, interagendo direttamente con le cellule dell’epitelio olfattivo e alterandone la funzione”.
Perché è importante stabilire se si tratta di un’azione indiretta o diretta?
“Perché, nel secondo caso, pazienti con un’infezione da Covid-19 ma senza ulteriori sintomi potrebbero pensare di avere un mero problema olfattivo e andare dall’otorinolaringoiatra senza accorgersi di essere contagiosi”.
Qual è invece la terza ipotesi?
“L’azione diretta del virus su terminazioni nervose e nervi olfattivi, presenti anche nella bocca. Inoltre un articolo uscito già a inizio maro sulla rivista “ASC Chemical Neuroscience” avanza la possibilità che Covid-19 abbia accesso al cervello passando attraverso il collegamento tra epitelio olfattivo e bulbo olfattivo: ciò è già stato dimostrato come possibile per altri coronavirus, ad esempio su roditori, e perciò è necessario svolgere ulteriori studi per scoprire se avvenga anche con Covid-19”.
Quanto ai sintomi correlati, la dott. D’Errico ricorda che sono stati registrati anche rari casi di pantosmia (ossia allucinazioni olfattive) e cacosmia (alterazione che fa percepire come puzze odori gradevoli). Conclude tuttavia che, con il tempo, i pazienti dovrebbero tornare alla normalità: “Il recupero sarà lento, considerato che i tempi di rigenerazione dei neuroni olfattivi sono di 30-60 giorni. In questo lasso di tempo può essere utile un training olfattivo: per tornare a sentire gli odori, è molto importante esercitarsi quotidianamente ad annusare e a riconoscerli”.
La dott.ssa D’Errico segnala inoltre che a questo proposito è nato il Global Consortium for Chemosensory Research (GCCR), un consorzio internazionale di scienziati che sta portando a termine uno studio su scala globale per valutare le possibili relazioni tra malattie respiratorie (non solo Covid-19, ma anche influenza e raffreddori) e i loro effetti su gusto e olfatto. Il GCCR ha creato una piattaforma per condurre studi interdisciplinari e test trans-culturali a disposizione di tutti i pazienti che, su base volontaria, vogliano partecipare agli studi per sostenerne l’avanzamento. Il questionario online, rivolto a chi abbia o abbia avuto malattie respiratorie, è disponibile sul sito ufficiale del GCCR.
Anna D’Errico è ricercatrice presso il Buchmann Institute for Molecular Life Sciences della Goethe-Universität di Francoforte, dove si occupa di neuroscienze e reti neurali. Il suo campo d’indagine prediletto è l’olfatto, il più sottovalutato dei sensi – nel suo saggio “Il senso perfetto” (Codice) rivela che secondo una recente ricerca più della metà degli intervistati si è dichiarata pronta a perdere l’olfatto piuttosto che rinunciare all’utilizzo dello smartphone. Il volume è una accurata disamina, comprensibile a tutti, delle funzioni anatomiche che garantiscono l’olfatto, delle conseguenze razionali ed emotive della percezione olfattiva e, infine, degli aspetti sociologici riguardanti la gradevolezza o sgradevolezza degli odori e le loro implicazioni culturali ed economiche. Il saggio è stato recensito da Rosanna Scardi sul Corriere della Sera, da Giulia Villoresi sul Venerdì di Repubblica, da Emanuela Griglié su La Stampa, da Monica Melotti sul Sole 24 Ore e dalla redazione di Radio 3 Rai. Ottima divulgatrice, può essere letta da tutti anche sul blog Il senso perfetto; è disponibile online il suo intervento su Radio 2.